18 gennaio 2013

nuova urbanistica

In un Paese (l'Italia) in cui si parla sempre di riforme, soprattutto perchè non si fanno mai o si fanno male, neanche l'urbanistica sfugge a questa abitudine del disco incantato.
Infatti è almeno dagli anni sessanta che si parla di riforma della legge urbanistica (anche oggi in parlamento ne esistono almeno quattro), la famosa 1150 del 1942, ma, a parte qualche modifica nel corso degli anni, è ancora in vigore ed è la legge urbanistica nazionale vigente. Probabilmente il motivo principale è che si tratta di una legge di principi, ben concepita (non è, come capita a quelle più recenti, piena di eccezioni quanto di buoni propositi...) e nonostante nel frattempo sia cambiato un po' tutto, resiste ancora dopo 70 anni.


In realtà la vera riforma urbanistica è iniziata con le deleghe alle regioni in materia legislativa degli anni '70 ed è proseguita nel 2001 con la modifica del titolo V della Costituzione, con cui il governo del territorio, che comprende principalmente l'urbanistica, è divenuto materia di "legislazione concorrente" tra Stato e Regione. In pratica ogni Regione, rispettando i principi dettati dalla Costituzione e dalla legislazione nazionale, può dotarsi di proprie normative e strumenti urbanistici, che negli ultimi anni hanno assunto i nomi e le sigle più impensate, aggiungendosi ai non pochi già previsti dalle normative nazionali.

Il caso di Roma e del Lazio è tra i più interessanti. La regione ha fatto nel 1999 la sua legge urbanistica, recependo solo nei principi la distinzione tra disposizioni strutturali, linee generali di sviluppo della pianificazione territoriale comunale condivise e valide in un arco di tempo piuttosto ampio, e disposizioni programmatiche, che servono ad attuare quelle strutturali in un periodo di tempo specifico e legato al mandato politico.  La pianificazione comunale resta però sempre regolata da un piano urbanistico generale (PUCG) e da quelli operativi (PUOC), rendendo difficile l'applicazione delle differenti disposizioni di cui sopra. Il Comune di Roma ha approvato nel 2008 il nuovo PRG, smentendo già con il nome stesso la legislazione regionale vigente, dopo un lungo e travagliato percorso iniziato nel 1995 (compresi dopo il 2008 una serie di ricorsi che lo hanno bloccato per qualche tempo). Questo però non deve stupire, visto che le vicende urbanistiche di Roma hanno sempre avuto un grande rilievo e sono state spesso capaci di anticipare se non addirittura ispirare la legislazione nazionale in materia e il nuovo piano si inserisce perfettamente in questa tendenza "storica".

Nella pratica urbanistica degli ultimi anni si stanno sviluppando dei nuovi meccanismi, che rientrano nel concetto piuttosto ampio di perequazione urbanistica, intesa come suddivisione equa di oneri e risorse nella pianificazione. In questo modo si cerca di porre rimedio a due aspetti piuttosto critici della pianificazione urbanistica contemporanea: la scarsezza di fondi pubblici per espropriare terreni e realizzare opere pubbliche e le profonde diseguaglianze tra i proprietari delle aree a seguito della zonizzazione del territorio, che contribuiscono in maniera determinante all'immobilismo e alla disorganizzazione delle nostre città. Come accade troppo spesso nel nostro Paese, c'è una grande distanza tra la normativa e la realtà, oltre che tra i diversi livelli amministrativi e non esiste ad oggi nessuna legge nazionale che detti principi sulla perequazione e sulle sue diverse applicazioni nella pianificazione urbanistica, nonostante siano previste in alcune leggi regionali (non quella del Lazio) e in vari piani regolatori (tra cui Roma) e facciano quindi parte ormai a tutti gli effetti della disciplina urbanistica.

Sarà possibile fare una nuova legge urbanistica nazionale che tenga conto di questi aspetti, senza stravolgere tutte le normative regionali e locali vigenti?

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